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Mora, Gian Giàcomo.

Barbiere milanese. Nel 1630, durante la pestilenza che colpì Milano, fu accusato dal commissario alla sanità Guglielmo Piazza, che era stato sottoposto a tortura, di propagare il contagio attraverso la pratica dell'unzione. Sottoposto a sua volta a tortura e non resistendo ai patimenti che gli vennero inflitti confessò. Venne quindi condannato a morte e giustiziato sul rogo. La sua casa fu rasa al suolo e sul luogo fu eretta, a monito, una colonna che poi passò alla storia come la colonna infame. Questa vicenda di superstizione, del popolo come dei suoi governanti, fu sentita come esemplare da Alessandro Manzoni (che già aveva descritto l'epidemia nei Promessi Sposi) e in quanto tale narrata nella Storia della colonna infame (1840-42) (m. 1630).